Storia di una campagna mai fatta che molti avrebbero voluto farePermetteteci un salto indietro nel tempo. Niente paura, nessuna operazione nostalgia, siamo della specie inguaribilmente entusiasta di chi pensa che il bello debba sempre ancora arrivare. Vogliamo solo raccontarvi brevemente una storia. Era un periodo in cui l'economia sorrideva e le aziende erano consapevoli di quanto fosse determinante investire in idee e strategie per potersi trasformarsi da semplici realtà produttive in veri e propri brand. Stefanel, fashion label nostra cliente che al tempo si contendeva con un altro noto marchio il primato nell'impulso allo sviluppo nel ricco panorama tessile del Nordest, si apprestava a conquistare i mercati internazionali, le insegne dei negozi di tutto il mondo e uno spazio sempre più ampio sui mezzi di informazione. Diversamente dal suo principale competitor, i cui "colors" campeggiavano su migliaia di affissioni, Stefanel aveva scelto sin dal suo esordio in pubblicità di affidare l'incremento della brand awarness e lo sviluppo di una brand image riconoscibile e rilevante a una strategia media imperniata principalmente su televisione e cinema. Gli spot precedenti, uno ambientato tra i ghiacci della Groenlandia e l'altro girato tra le dune desertiche di Marocco e Tunisia, entrambi firmati Parenthesi, avevano dato alla marca una visibilità e una notorietà che avrebbero fruttato a lungo. Il ricordo di quelle campagne, declinate anche in affissione, premiate sia con i riconoscimenti ufficiali degli addetti ai lavori sia con l'apprezzamento del pubblico, vive tuttora. Per coerenza con l'immagine del brand decidemmo di ambientare il nuovo spot in una location altrettanto suggestiva. A fare da scenario sarebbe stata ancora una volta la natura. Questa volta però il protagonista sarebbe stato l'impegno per la protezione di una specie animale in via di estinzione. Greenpeace aveva aperto da poco il suo ufficio in Italia e ci si accingeva a votare per il referendum sulla caccia. I tempi per una campagna di sensibilizzazione erano maturi. Saremmo partiti alla volta del Polo Nord armati di bombolette di vernice spray. Con le distese ghiacciate e gli iceberg ormai avevamo una certa confidenza. Avremmo radunato una vera e propria crew di writer pronta a imprimere la propria firma anziché su un muro... sul manto bianco dei cuccioli di foca. Sì, avete capito bene. Li avremmo dipinti, avremmo rovinato la loro candida pelliccia, sottraendoli al supplizio di essere uccisi a bastonate per soddisfare la vanità degli esseri umani. Decidemmo di coinvolgere Greenpeace. Bastò presentargli l'idea: aderirono immediatamente. Ormai era tutto pronto, casa di produzione compresa, si trattava solo di partire e dare inizio alle riprese il più presto possibile, perché la muta del manto dei piccoli di foca avviene rapidamente, da bianco assume il colore definitivo in pochi giorni. L'aspettativa era altissima. Della nuova campagna pubblicitaria di Parenthesi per Stefanel tra gli addetti ai lavori si parlava già molto, anche troppo, al punto che, inevitabilmente, qualcosa trapelò e la stampa cominciò ad assediarci: furono moltissime le penne, nazionali e internazionali, che si prenotarono per presenziare all'anteprima. Andava tutto a gonfie vele verso il Polo Nord. Ma non avevamo ancora fatto i conti col parere di alcuni autorevoli sociologi ed esperti di comunicazione. Pur apprezzando molto la nostra idea, la giudicarono infatti eccessivamente comparativa, dissuadendo l'azienda dal realizzarla. Che avessero intravisto un riferimento troppo esplicito ai "colors" della concorrenza? Chissà, magari era proprio quello che volevamo. Resta il fatto che il nostro entusiasmo si squagliò come ghiaccio al sole dei tropici. Non se ne fece più nulla. Fu un vero peccato. Soprattutto per i piccoli di foca. Se le cose fossero andate come previsto saremmo infatti riusciti nel duplice intento di sottrarne parecchi alla morte e sensibilizzare l'opinione pubblica. Le parole che avrebbero dovuto scorrere in sovraimpressione sui frame conclusivi dello spot recitavano così: GREENPEACE RINGRAZIA STEFANEL PERCHÉ CON I SUOI COLORI DIFENDE IL MONDO. Stefanel, grazie alla creatività di Parenthesi e al coinvolgimento di Greenpeace avrebbe potuto lasciare il segno, e per di più in un momento storico cruciale per lo sviluppo di una coscienza collettiva sui temi legati alla salvaguardia dell'ambiente. Un segno colorato, un segno gioioso, un segno di vita. Un segno sicuramente profondo e duraturo. Ma le cose andarono diversamente. Magari ora qualcuno si starà chiedendo se a posteriori ci fu chi si pentì di non aver creduto fino in fondo in quell'idea. Ovviamente la risposta è sì. C'erano dubbi? |